Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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30 giugno 2011

In libreria

Massimo Ragnedda
Comunicazione e propaganda.
Il ruolo dei media nella formazione dell'opinione pubblica

Roma, Aracne, 2011, 224 pp.
Descrizione
La propaganda promuove una particolare idea o dottrina e tende a far sorgere intorno a essa il più vasto consenso possi-bile, servendosi di tecniche provenienti dalla sociologia e dalla psicologia e facendo un uso organizzato e deliberato di varie forme di comunicazione ben coordinate tra di loro, con lo scopo di influenzare l’opinione pubblica a favore del propagandista o del gruppo di interesse. Il volume ricostruisce l’evoluzione del fenomeno “propaganda”, sia nelle dittature sia nelle libere società, mette in luce le principali tecniche comunicative utilizzate e punta l’accento sulla sua connessione con le scienze sociali, senza le quali non si avrebbe la propaganda moderna. Nell’ultima parte si esaminano le guerre in Afghanistan e in Iraq e si ricostruiscono le tappe che hanno portato alla conquista dell’opinione pubblica.
*Link all' Introduzione del libro.

 

dello stesso autore vedi anche:
- La società postpanottica. Controllo sociale e nuovi media
Roma, Aracne, 2008, 208 pp.
*Link alla scheda del libro

- Eclissi o tramonto del pensiero critico?
Il ruolo dei mass media nella società postmoderna
Roma, Aracne, 2006, 160 pp.
*link alla scheda del libro


27 giugno 2011

La città nell'epoca della globalizzazione

La città contemporanea sta, al suo interno, profondamente cambiando e trasformandosi, a causa di una molteplicità di processi che comunemente vengono indicati sotto il nome di globalizzazione (sviluppo di flussi globali transnazionali, stiramento degli spazi di riferimento, ibridazione culturale etc.). Questi processi, che sono sì globali, si insinuano però nel “locale”, influenzando profondamente la realtà cittadina.
In questo breve articolo, ci si limiterà ad analizzare tre importanti processi attualmente in corso.
Il primo è quello della crisi del welfare state, crisi che porta ad una ridefinizione della politica cittadina. Con la fine del welfare state, i cittadini hanno visto venir meno una serie di aspettative e garanzie e si è così creato un panorama caratterizzato da rischio, pericolo ed insicurezza.
Le città stanno avendo inoltre grossi problemi di integrazione sociale e aumentano sempre di più fenomeni di esclusione sociale e povertà: per esempio negli ultimi decenni sono aumentati i senzatetto in tutte le principali città europee. All’aumento di queste problematiche non corrisponde però un aumento delle politiche sociali, ma anzi una diminuzione delle stesse, dovuta all’arretramento dello stato. Si assiste quindi ad un paradosso: le amministrazione cittadine, proprio nel momento in cui dovrebbero maggiormente intervenire per rispondere alle “ansie” dei propri cittadini, si trovano sempre più in difficoltà dal punto di vista economico e sono costrette a dipendere economicamente da aiuti esterni (stato, regioni etc.) e a non riuscire a soddisfare le richieste dei propri cittadini. A fronte di questa crisi economica,che devono affrontare i governi delle città, si sta sempre più imponendo una politica dei Grandi Eventi: le amministrazioni comunali cercano di far svolgere nella propria città determinati eventi in modo che arrivino benefici economici che possano dare respiro alle casse comunali e che possano quindi migliorare la situazione cittadina. Spesso infatti le città cercano di accaparrarsi eventi come meeting mondiali (basti pensare al G8 di Genova), celebrazioni particolari ed eventi sportivi (Mondiali di calcio etc.) per poter attuare politiche che altrimenti sarebbero naufragate per mancanza di soldi. Ma questa politica ha i suoi aspetti negativi: infatti la “festivalizzazione della politica urbana rimane ancorata ad un micromarketing che rischia di escludere la possibilità di qualsiasi visione strategica di più ampia portata. In questo senso le amministrazioni che inseguono i Grandi Eventi, se potrebbero apparire giustificate sotto il profilo della ricaduta sulla città in termini di benefici economici ad essi legati, si condannano però ad una perenne rincorsa di occasioni analoghe” . Il problema della politica dei Grandi Eventi è quindi la loro episodicità, che comporta la difficoltà di progettare interventi mirati, integrati e con una prospettiva di lungo termine.
Altro processo in corso è l’aumento della polarizzazione sociale ed economica all’interno della città. La nuova struttura delle attività economiche ha modificato l’organizzazione del lavoro dando luogo a una polarizzazione dei lavori e dei redditi: vi è “una forte concentrazione, in alcune delle specializzazioni terziarie più in rapida espansione, di mansioni che si collocano ai due estremi opposti della fascia retributiva” (Sassen, 1997 p. 250) Rispetto al passato, i settori attualmente in crescita mostrano una maggiore tendenza ad offrire posti di lavoro o ad alto reddito o a basso reddito. Questo porta ad una parziale erosione del ceto medio: erosione che è maggiormente marcata nelle città americane e terzomondiali ma meno in quelle europee (anche se ricerche recenti hanno mostrato che, a parte grandi città come Londra e Parigi, il fenomeno di erosione del ceto medio è attualmente in corso anche in Europa).
Terzo punto interessante è quello dello sviluppo di politiche securitarie. Come conseguenza della paura diffusa e della domanda di sicurezza, le città stanno diventando sempre più controllate e sempre più persone (soprattutto in America, meno in Europa) preferiscono andare a vivere in comunità-fortezza protette da telecamere e controllate da vigilantes privati. La paura dominante porta gli individui ad alzare barricate, riempire le vie di telecamere, nascondersi in auto sempre più inaccessibili (i SUV per esempio), a prendere lezioni di autodifesa etc.
Le politiche di sicurezza, che non sono altro che gigantesche campagne d’ordine che hanno come obiettivo quello di ripulire la città dalle categorie indesiderate, stanno facendo proprio il concetto di tolleranza zero, criminalizzando le classi più povere e marginali in quanto tali: “il cuore della tolleranza zero è la gestione poliziesca di forme di degrado nelle città, attraverso la stigmatizzazione dei gruppi poveri e meno difesi nello spazio urbano” .
In conclusione, le amministrazioni cittadine) sono ora davanti ad un bivio: o cercare di mantenere le città quello che sono sempre state, e cioè un luogo dove incontrarsi, confrontarsi, e perché no, scontrarsi, oppure rendere le città dei veri e propri “campi di battaglia”, dove l’unica dimensione di contatto è lo scontro e dove la paura e la divisione spaziale la fanno da padrone.
Giacomo Solano

*Questo articolo raccoglie alcune suggestioni e alcuni spunti emersi nel corso del seminario di studi La città nell'epoca della globalizzazione, svoltosi in data 6 giugno 2011 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Genova. Il seminario, moderato dalla professoressa Laura Longoni, ha visto la partecipazione di Roberto Bobbio (docente di Urbanistica presso l'Università degli Studi di Genova), Giuliano Carlini (docente di Sociologia delle relazioni interculturali presso l'Università degli Studi di Genova), Francesco Gastaldi (docente di Analisi e rappresentazione del territorio presso l'Università Iuav di Venezia), Sonia Paone (docente di Sociologia urbana e territoriale e pianificazione sociale presso l'Università degli Studi di Pisa) e Agostino Petrillo (docente di Sociologia presso il Politecnico di Milano.

Percorsi di lettura sull'argomento:
A. Petrillo, Identità urbane in trasformazione in trasformazione, Genova, Coeditt, 2005; S. Sassen, Città globali: New York, Londra, Tokio, Torino, Utet, 1997.
*link al sito La città dei cittadini, laboratorio culturale della cittadinanza democratica.
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25 giugno 2011

Libri ri/trovati


Alexander Langer
Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995
a cura di Edi Rabini, Adriano Sofri;
Introduzione di Goffredo Fofi
Palermo, Sellerio, 2011, 416 pp.  (prima edizione 1996).
Descrizione
Articoli per giornali e riviste, interviste e ritratti di persone; resoconti di viaggi e di amicizie; appelli per campagne militanti e spiegazioni sul funzionamento delle istituzioni; digressioni autobiografiche, confessioni personali: una vita straordinariamente ricca, «a cavallo tra lingue e culture, tra Germania e Italia e tra ebraismo e cattolicesimo». Il sentiero di cresta su cui si è mosso Alex, uomo di montagna e di confine, è stato il più esemplare tra quelli percorsi dalla sua generazione. È raro che nella politica corrente si trovi anche una piccola parte dell’ispirazione intellettuale e morale che ha guidato la sua fatica. La politica professata, anche quando non è semplicemente sciocca e corrotta, non ha il tempo di guardare lontano. Langer ha voluto tenere insieme un’intelligenza delle cose ultime che non si lasciasse spaventare dall’enormità e uno stile di vita quotidiana che non si discostasse dalle convinzioni proclamate. Ha provato a piantare la carità nella politica. Chi voglia misurarsi con la minaccia che guerre feroci e dilapidazioni distratte fanno pesare sul mondo, deve ripartire da questi pensieri, e da questa speranza spezzata.
*Link al sito della Fondazione Alexander Langer.

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23 giugno 2011

In libreria

Patrizia Zagnoli - Elena Radicchi
Sport marketing e nuovi media
Milano, Franco Angeli, 2011, 496 pp. (terza edizione aggiornata)
Descrizione
Questo lavoro analizza la produzione, la vendita, la promozione e la commercializzazione dello sport alla luce del ruolo dominante assunto dalla comunicazione. Le nuove tecnologie digitali con le relative potenzialità di diffusione e di interattività modificano le regole del gioco, i tempi di svolgimento, i calendari, il dosaggio e la qualità dell'informazione sportiva, trasformando lo sport in spettacolo. Allo stesso tempo lo sport è considerato un contenuto privilegiato dai nuovi media e anche un efficace veicolo di promozione per le imprese industriali e di servizi. Dal canto loro le società sportive hanno notevoli difficoltà ad armonizzare le valenze tecnico-sportive e di passione del pubblico e dei praticanti, con le diverse esigenze di domanda delle imprese e dei canali di comunicazione. Se da un lato i nuovi media costituiscono una importante opportunità per la diffusione e la promozione dello sport visto e praticato, tuttavia esiste il rischio che lo sport venga travolto da pure logiche di business, le stesse da cui fuggono appassionati e sportivi alla ricerca di espressione, partecipazione, benessere, svago e divertimento. L'esigenza di un testo di marketing sportivo rivisitato alla luce dell'affermazione dei nuovi media, nasce dal contrasto tra la complessità dei fenomeni in corso e la diffusa arretratezza nell'utilizzo di adeguati strumenti di marketing riscontrabile nel mondo sportivo. L'intento è di contribuire allo sviluppo di un'adeguata cultura progettuale e manageriale degli operatori delle associazioni e delle imprese del settore sportivo, delle leghe, delle federazioni, degli atleti, dei produttori di attrezzature, degli organizzatori di eventi.
* link all ' Indice  del libro.

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20 giugno 2011

Titoli tra stereotipi e pregiudizi


Titoli 






















Fonte: Manuale di linguaggio giornalistico,
Milano, Etas libri.

19 giugno 2011

Un, due, tre ... Stella!


Più volte nelle pagine di questo libro ci sorprende una prospettiva diversa da quella consueta, una prospettiva che cerca di cogliere nell’impasto di ogni vicenda sentimenti ed emozioni normalmente non concessi nelle ventimilabattutenonunadipiù richieste dal caporedattore!
Confessione reporter è una sorta di vendetta contro queste misure alle quali ogni giornalista è sottoposto; è un modo intenso ed esaltante per non essere solo strumento passivo, spettatore impassibile delle disgrazie altrui. Dotato di un linguaggio ammiccante, esso è anche un intenso colloquio con il lettore, che viene trasportato in una realtà di volta in volta dolente, feroce, straziante…
Alla presentazione del libro, avvenuta a Roma il 5 maggio scorso, Mirta Merlino dice di Stella Pende: “ Attraversa il dolore fino in fondo, anche a costo di uscirne più fragile ”. E il meccanismo del dolore in questi reportage non muore mai, ce n’è sempre uno più grande, come tante fiammelle che infine provocano l’incendio.
Frutto di schegge della memoria, di interviste rimaste prigioniere in archivio come anime tormentate in Purgatorio, esso è un romanzo che non è un romanzo bensì la catarsi della memoria e il racconto di una vita.
Simona Tarzia
Stella Pende
Confessione reporter. Quello che non ho mai scritto
Milano, Ponte alle Grazie, 2011, 294 pp.

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18 giugno 2011

In libreria

Andrea Bettini
Gazzette digitali. L'informazione locale sulla rete globale
Firenze, ED.IT , 2011, 156 p.
Descrizione

Mentre i colossi dell’editoria cartacea sono alle prese con un calo preoccupante delle copie vendute, negli Stati Uniti un sito internet che si occupa di cronaca locale assume decine di giornalisti. Altre pubblicazioni sopravvivono da anni sulla Rete globale facendo informazione su paesini e persino su singoli quartieri. Anche in Italia la piazza e le strade sotto casa sono sempre più al centro della scena: le testate online che parlano di tematiche cittadine si moltiplicano ovunque. Sono gazzette digitali, le ultime eredi di una tradizione secolare. Sperimentano, innovano e si ritagliano ruoli di primo piano pubblicando contenuti di qualità e offrendo alle proprie comunità inediti spazi di confronto e di discussione. Evoluzione, potenzialità e prospettive di uno dei settori più promettenti del nuovo giornalismo, dove l’intraprendenza può ancora consentire di creare dal nulla una nuova testata e dove giornali dalla lunga storia possono ritrovare vitalità investendo sul futuro. Perché sul web essere piccoli e provinciali può garantire il successo.
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dello stesso autore vedi anche:
Andrea Bettini

Giornali.it/2.0 - La storia dei siti internet dei principali quotidiani italiani
Catania, edizioni ED.IT, 2009, 296 p.
Descrizione
Sul monitor del computer o sul cellulare, nel salotto di casa o nella camera di un albergo al di là dell'oceano, grazie ad internet le notizie ci raggiungono ovunque. Quello che quindici anni fa era solo un sogno oggi è diventato realtà. In un periodo così breve, tra momenti di euforia e cocenti delusioni, è stato creato dal nulla un intero settore del giornalismo, uno dei più fiorenti del mondo dell'informazione. Dalla Repubblica al Corriere della Sera, dalla Gazzetta dello Sport alla Stampa, da Quotidiano Nazionale al Sole 24 Ore, le vicende di ogni sito e le interviste ai loro curatori raccontano un quindicennio senza precedenti e forniscono strumenti per orientarsi in un mondo in continuo mutamento.
*link ad alcune pagine del libro sul sito dell'editore.
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17 giugno 2011

I nemici della libertà

"[...] Conformismo, opportunismo, grettezza e debolezza: ecco dunque, della libertà, i nemici che l´insidiano "liberamente", dall´interno del carattere degli esseri umani. Il conformista la sacrifica all´apparenza; l´opportunista, alla carriera; il gretto, all´egoismo; il debole, alla sicurezza. La libertà, oggi, più che dal controllo dei corpi e delle azioni, è insidiata da queste ragioni d´omologazione delle anime. Potrebbe perfino sospettarsi che la lunga guerra contro le arbitrarie costrizioni esterne, condotte per mezzo delle costituzioni e dei diritti umani, sia stata alla fine funzionale non alla libertà, ma alla libertà di cedere liberamente la nostra libertà. La libertà ha bisogno che ci liberiamo dei nemici che portiamo dentro di noi. Il conformismo, si combatte con l´amore per la diversità; l´opportunismo, con la legalità e l´uguaglianza; la grettezza, con la cultura; la debolezza, con la sobrietà. Diversità, legalità e uguaglianza, cultura e sobrietà: ecco il necessario nutrimento della libertà".
Gustavo Zagrebelsky

*G.Zagrebelsky, Fuga dalla libertà. Guida antropologica al "servo arbitrio","Repubblica", 16 giugno 2011.
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16 giugno 2011

La satira é politica

“La satira politica è una forma di comunicazione tipica della modernità, cresciuta con la società di massa e con la libertà di stampa tra gli estremi dell’ironia e dell’aggressività, verbale e figurata.”
Un diluvio di giornali è il naturale sbocco della certosina opera di catalogazione messa in atto dal centro APICE dell’Università degli Studi di Milano: migliaia di immagini, dodicimila per la precisione, selezionate tra quelle pubblicate dalle più importanti riviste illustrate di tutta europa. Il fine ultimo del progetto è operare una prima comparazione di livello accademico tra testate satiriche italiane francesi e tedesche, dando luogo ad un confronto tra modi, caratteri e stili del disegno satirico europeo. In un arco di tempo breve per la storia ma molto prolifico per il giornalismo satirico, circa sessant’anni, il libro pone i contrasti tra vedute politiche e sociali come base fondante della comparazione, partendo dalle contrapposizioni figlie della Repubblica Romana di Mazzini e arrivando all’affermazione prima iconografica che politica avuta dal fascismo, passando per i temi forti della modernità e della lotta capitale-lavoro e per la prima guerra mondiale, con il fenomeno delle testate edite dai soldati in trincea.
Paradossalmente lo scenario italiano pare più immutabile, il Don Pirlone, giornale edito nel 1848 e 1849 pro-Repubblica Romana non è altri che l’antenato dell’Asino, periodico satirico di matrice socialista, mentre Il Mulo, periodico reazionario e grande nemico dell’Asino, discende dal periodico curiosamente intitolato “Grande Riunione tenuta nella sala dell’Ex Circolo Popolare in Roma”.
Il contrasto è chiaramente politico, l’universo simbolico a cui fanno riferimento attinge ad immagini stereotipate, come il Capitalista grasso e schiavista dei fogli operaisti, il leader socialista che usa i soldi del partito per abbuffarsi e bere champagne delle testate conservatrici, ma si nota come i grandi protagonisti della politica dell’epoca siano conosciuti ed il loro aspetto risaputo al pubblico: appaiono Mazzini, Garibaldi e altri personaggi storici sotto forma di caricatura. È chiaro come sia ancora lontano l’avvento del politically correct, non esiste fair play, i nemici di partito vengono accusati di qualsiasi nefandezza, anche nei lunghi articoli, vere e proprie invettive, che si alternano alle immagini. Il massimo dello scontro è sul tema religioso: Don Pirlone e l’Asino sono su posizioni fortemente anti-clericali, con le prime accuse di pedofilia rivolte ai componenti del clero.
Le riviste straniere L’Assiette au Beurre (francese) e Simplicissimus (tedesca), mostrano più cura dell’immagine, denotano un salto di qualità anche nella produzione artistica, ma soprattutto danno molto più spazio all’immagine, la quale domina sui testi. Entrambe si muovono all’interno dei conflitti del primo novecento: lo scontro capitale – lavoro, visto in chiave proletaria, l’utilizzo dello stereotipo del capitalista sfruttatore sulle masse lavoratrici per L’Assiette, il tema della modernità, dell’avanzata inarrestabile dell’industria visto in ottica quasi positivista da parte del Simplicissimus. Da queste diverge Le Mot, francese, l’ultimo periodico satirico straniero preso in esame, dalla vita breve ma dal notevole impatto, poiché nasce durante un avvenimento nuovo e doloroso: la prima guerra mondiale. Come entrambe le riviste straniere, punta forte sull’immagine a discapito del testo, ma soprattutto introduce una nuova forma di comunicazione: satira militante, cioè propagandismo anti-germanico per definizione e contingenza, ma anche denuncia dei piccoli torti subiti dai soldati al fronte. Per far ciò si sceglie l’utilizzo di una serialità dell’immagine, vere e proprie rubriche come le Atrocitès, le quali dipingono scanzonatamente l’orrore ricorrente della guerra.
L’ultima parte è dedicata al sopravvento artistico, prima che politico, che riesce ad ottenere il fascismo. Vengono citati Il Lunedì del Popolo d’Italia, (come recita il sottotitolo, “Supplemento settimanale letterario, umoristico, illustrato”), Il 420 e Il Selvaggio. L’illustrazione fascista è insieme propaganda e denuncia, nei primi anni, il vero colpo di genio è affidarsi ad illustratori conosciuti e stimati in tutto il paese, che però abbiano il presupposto di aderire allo spirito del partito Fascista: il primo esempio è Sironi, il quale col suo stile naif riesce prima ad ottenere le prime pagine del Popolo d’Italia, salvo poi essere scartato e sopravanzato da artisti futuristi, come il Metaldi, animatore del 420, proprio perché non più rispondente ai canoni della dittatura.
In conclusione, due secoli di storia e di politica raccontati dal basso, tramite immagini che vanno dal popolaresco al raffinato, contraddizioni che esplodono nell’illustrazione e nella possibilità di arrivare a qualsiasi tipo di pubblico. Forse un libro poco ricco, ma di sicuro impatto, un introduzione al mondo della satira politica per immagini.
Matteo Melis

Centro APICE (Archivi della parola, dell’Immagine e della Comunicazione Editoriale), Un diluvio di giornali. Modelli di satira politica in Europa tra ’48 e Novecento a cura di Antonello Negri e Marta Sironi, Milano,Skira Editore, 2007, 112 pp.

*link al sito del Centro APICE  di Milano.
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15 giugno 2011

In libreria

Elena Gelsomini
L'Italia allo specchio. L'Europeo di Arrigo Benedetti (1945-1954)
Milano, Franco Angeli, 2011, 224 pp.
Descrizione
Nato nella Milano dell'immediato dopoguerra, in un momento di grande fervore culturale, L'Europeo fu un rotocalco che, grazie alle intuizioni del suo direttore Arrigo Benedetti, divenne subito un vero e proprio modello giornalistico. Benedetti volle creare una testata in grado di illustrare con leggerezza quei tempi difficili e capace, al tempo stesso, di fornire ai lettori delle coordinate per orientarsi in un momento in cui la tentazione di cedere al qualunquismo era forte. Realizzò così un rotocalco indipendente, che non si accontentava mai delle versioni ufficiali, e che presentava molte novità rispetto al giornalismo precedente, a cominciare dallo stile: quasi impersonale, oggettivo, che consentiva ai fatti e non agli aggettivi di informare il lettore. L'Europeo, su cui scrissero alcune delle migliori firme del giornalismo italiano e personalità di idee differenti tra loro, spiccò ben presto per la sua freschezza, realizzò autentici colpi giornalistici, fu al centro di aspre polemiche e finì per contendere i lettori ai quotidiani. La formula illustrata, le inchieste, i reportage, l'interesse per ogni settore, dalla cultura all'evasione, ne fecero infatti una testata tra le più pregevoli ed accattivanti. Muovendo dalle vicende del settimanale, ricostruite anche attraverso la testimonianza di uno dei redattori migliori, Manlio Cancogni, e attraverso la corrispondenza di Benedetti, l'autrice si avvale di quelle pagine che ritraggono fedelmente l'Italia di allora - un'Italia a tratti inedita - per ripercorrere la storia del primo decennio repubblicano con una prospettiva originale e precisa.
*link all' Indice del libro.
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14 giugno 2011

In libreria

Giuseppe Lupo
Vittorini Politecnico
Milano, Franco Angeli, 2011 pp. 160.
Descrizione
Il 29 settembre 1945 Elio Vittorini fondava a Milano la rivista "Politecnico", in cui proponeva una "nuova cultura", finalizzata non più a "consolare", ma a "liberare" l'uomo dalle sofferenze. Il termine "politecnico" identifica il più esteso periodo in cui il modello di Carlo Cattaneo ha orientato la ricerca culturale dello scrittore siciliano sui criteri dell'inclusività e degli incroci tra i linguaggi. Oltre che di letteratura, infatti, Vittorini si è occupato di arti plastiche e figurative, di architettura, di fotografia, di teatro, di cinema e televisione. La versatilità dei suoi interessi e il desiderio di confrontare fra loro i codici espressivi stanno a prologo di quelle sperimentazioni che, tra gli anni Quaranta e Sessanta, conducono a contaminare la forma-romanzo con la fotografia (Conversazione in Sicilia, 1953) e con l'urbanistica (Le donne di Messina, 1949) o a modificare il registro narrativo di Uomini e no (1945) e delle Città del mondo (1969) in sequenze drammaturgiche (1965) e in romanzo scenico (1974). Il magistero di Cattaneo suggerisce la chiave di lettura per comprendere l'attività di scrittore, di critico militante e di editore, soprattutto negli anni in cui Vittorini operò a Milano, "città politecnica" per eccellenza. L'indagine sul "Vittorini politecnico" giunge a tracciare un profilo di intellettuale poliedrico, delinea un quadro di suggestioni estetico-ideologiche che cooperano alla costruzione della polis, mette in rilievo i risultati di una cultura che sta ad avamposto della modernità.
*link all'Indice del libro.

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13 giugno 2011

In libreria

Diego Giachetti
Per la Giustizia e la Libertà. La stampa Gielle nel secondo dopoguerra

Milano, Franco Angeli, 2011, pp. 176.
Descrizione
I "Gielle". Con questo nome nel secondo dopoguerra un gruppo di protagonisti della Resistenza e di ex azionisti volle condurre insieme una battaglia, ideale e morale, contro i segni di una nuova reazione. La Resistenza, secondo la bella metafora usata da Giorgio Agosti, era stata il momento in cui tante "tartarughe" avevano messo la testa fuori dalla loro corazza per "incontrare altre teste che si affacciavano con circospezione" e affermare così la volontà di non vivere isolati. Nel secondo dopoguerra, quelle "tartarughe" non accettarono di ritirarsi ognuna nella propria corazza né di rinchiudersi nell'ambito troppo stretto della politica partitica. Scelsero di tenere aperte possibilità e luoghi dove poter incontrare teste "vecchie e nuove" che si sporgevano dal guscio. Il mensile dell'Associazione Giustizia e Libertà, dal 1947 al 1970, divenne uno dei luoghi di confronto ideale per un gruppo di intellettuali consapevoli della responsabilità che spettava loro nella lotta per la costruzione della democrazia nel nostro Paese e la piena valorizzazione dei principi della Costituzione appena proclamata.  Il mensile, diretto da Mario Giovana, poi da Carlo Casalegno, Gino Viano e Nicola Tranfaglia, ospitò articoli di vari collaboratori non solo piemontesi, fra cui Alessandro e Carlo Galante Garrone, Franco Antonicelli, Aldo Garosci, Ferruccio Parri, Giorgio Agosti, Norberto Bobbio, Giorgio Bocca, Franco Venturi, Faustino Dalmazzo, Primo Levi, Massimo Mila, Renzo Biondo, Luciano Bolis, Guido Quazza.
*link all'Indice del libro.

11 giugno 2011

In libreria

Daniela Gambino
Media: la versione delle donne.

Indagine sul giornalismo al femminile in Italia
Orbetello, Effequ, 2011, 108 p.
Descrizione
Da una parte il giornalismo, dall’altra la questione femminile. In mezzo, la vita di tutti i giorni: il lavoro, la famiglia, la maternità. Torna prepotentemente attuale, con questo saggio, l’idea di incontrare una decina di firme al femminile, chiedendo loro come coniugano professione e vita privata, in un paese in cui le donne sembrano aver compiuto spaventosi passi indietro, trovandosi spesso ad affermare se stesse passando sempre e necessariamente dal corpo. Storie di professioniste, di carriere, con risposte sorprendenti che spesso vanno fuori dai cliché. La giornalista vista come figura chiave, dato il suo ruolo mediatico, che possa far tornare a discutere di un nuovo modo per affermare e concepire il femminile. Con interviste fra le altre a Sandra Rizza, Daniela Ubaldi, Anna Longo, Raffaella Cosentino, Claudia Lo Visetto, Anna Maria Crispino.
*segnalato da C.S.

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10 giugno 2011

Mr. Berlusconi

L'articolo pubblicato il 9 giugno 2011 sull'Economist riguardo al Premier italiano non mi ha particolarmente impressionata o scioccata, del resto sono fatti e considerazioni note a chiunque presti attenzione alla situazione politica e sociale del nostro paese. Vorrei però mettere il risalto i commenti all'articolo che si posso trovare sul sito dell'Economist, divisi tra pro e contro Berlusconi, riescono a mio avviso a dare uno spaccato sul pensiero degli italiani.
A favore di Mr Berlusconi
federicom99 wrote: Jun 9th 2011 4:05 GMT .In my opinion, YOU Brits should think more about your problems, instead of keeping on deprecate the italian politics and politicians like Berlusconi. Just give me a valid alternative to him: the communists? The "Rubygate" is a gigantic bullshit, as well as all the other trials where Berlusconi is involved, set up by the communists with the help of accomodating judges: he's never been sentenced and never he will..

LucaBartolozzi wrote: Jun 9th 2011 4:39 GMT .for the readers who actually would like some REAL information about Berlusconi's government action, apart of that written by a stupid journalist with no name and obviously paid by some italian left politician:
1) reform of pension system, considered now the second best in Europe
2) reform of school to a system much closer to that of anglosaxon world
3) reform of university to a system closer to that of USA and northern europe (against the mafia of old barons/professors)
4) informatization of public administration
5) management of Aquila's Earthquake that alone caused -1% reduction of GNP in 2008 in Italy, not to mentions deaths, expenses to rebuild etc etc
6)management of world financial crisis without growing taxes and protecting all workers thanks to "cassa integrazione"
7)no italian bank failed, we can say the same for UK fo France or Germany
8)fight to Mafia with improved laws and people that allowed to arrest 29 of 30 most wanted criminals
9)stop of illegal foreigners to Italy
10)grow of production of alternative energy power production to 2nd place in Europe after Germany
11)now italy is number 2 in europe and 3 in the world for production of advanced mechanics, best are just Germany and Japan, may be this year Italy will overcome Japan
12)Alitalia saved and making money
13)opening of fast train system all over italy, Uk lacks of it...
14)Italy is number one for Fashion, Food&Wine, luxury&art tourism (let low cost tourism to Zapatero's Spain)
15)reduction od 35% of absenteism (not working for any real reason) among public administration employees
unfortunately the list is quite long
16)unemployment rate lower than EU average, same for inflation
MAY BE YOU CAN CHECK BY YOURSELF, IF YOU DARE THE TRUTH AND NOT THE S...T FO THE ECONOMIST



A favore dell'articolo:
cecilia57 wrote: Jun 10th 2011 9:05 GMT .Thank you so much for your help in unmasking Berlusconi's evil deeds. We need free press.
Actually the real problem is the part of Italians who can't understand how this man is ruining Italy. They let themseves manipulate from Berlusconi's media and tricks or they have self-interest in his politics. It is enough to see how they believe the invention of communists (who don't exist anymore!) but on the other hand they vote the best (and only) friend of ex KGB chief Putin, the last communist politician in !! Please, don't care about their abuses.

Andreas82 wrote: Jun 10th 2011 6:41 GMT .I am an Italian citizen and I must say this article describes well Italy's situation and Berlusconi's failures. Reading the comments of some "berlusconians" here who are still obsessed with "communists" I can't say if they're joking or they are real. Maybe they are part of a special "propaganda office" set up by miss Brambilla (one of Mr.Berlusconi's "friends") to react against "hostile" articles in the foreign press. They still think that it's possible to change foreigners' views on the country using Mussolini-style bombastic propaganda about "sun, fashion and shops" instead of showing FACTS and NUMBERS.
Please don't believe in those who say that "Berlusconi is loved by Italians", because it's simply not true. He has never had more than 30% of the votes and his allies of the Northern League can't stand him, they are just trying to use him to obtain advantages for the northern regions. Berlusconi's town, Milan, has recently voted against him despite his commitment to confirm the centre-right mayor. This ridicolous man is not the portrait of the majority of Italians, but he has an immense economic power and a number of "fans" who "believe in him" like a religion.
*Commenti dal sito dell'Economist
Anna Maria Giuliani
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06 giugno 2011

Libertà vigilata

“… Laddove la libertà di stampa non esiste, il pubblico si abitua ai sospetti; si crea fantasmi, li ingrandisce e se ne impadronisce …” . Sono questi i fantasmi che stravolgono la mente dei fondamentalisti? Che conducono alla persuasione di poter effettuare la scalata al cielo attraverso il dilagare della violenza?
La propaganda ha leggi costanti e Morigi e Boccolini analizzano, in questo saggio che è unico nel panorama italiano, il rapporto tra Islam e mass-media e il ruolo di questi ultimi nell’acutizzazione dei conflitti.
A leggere della possibilità di ricevere una fatwa per una battuta in un talk-show, o dei cartoons kamikaze utilizzati come propellente del fanatismo infantile, colpisce in particolar modo la dicotomia che pare destabilizzare il mondo musulmano: da un lato l’esigenza di modernizzarsi per uscire dal sottosviluppo culturale, facendo propri strumenti che appartengono ai “corrotti sulla terra” ; dall’altro la necessità di non perdere di vista la fonte della vera fede, il Corano, ideologia religiosa e insieme consapevole strumento spiccatamente politico. Il versetto 110 della III Sura recita infatti: ”Voi siete la migliore nazione che possa unire gli uomini. Voi, invero, praticate il bene, impedite il male, voi credete in Dio”.
A leggere del dovere dell’obiettività piegato dalla manipolazione della propaganda colpisce come somigli alla storia di casa nostra, una storia di glorificazione del potere tanto più esaltatrice quanto meno autorevoli i meriti di chi la impone. La propaganda condanna il buon giornalismo all’estinzione; la propaganda spoglia le notizie del loro significato e della loro natura, seppellisce i fatti impedendo loro di divenire realtà e smantella la circolazione delle informazioni per assicurare il consenso …
La propaganda ha leggi costanti e questo un giornalista dovrebbe saperlo. Allora perché, a pagina 45, Morigi e Boccolini scrivono: “L’unica pecca, al-Jazeera la rivela quando, parlando di Berlusconi, difficilmente indovina le previsioni. Pochi mesi dopo, l’emergenza rifiuti è stata infatti risolta, ma questo i telespettatori arabi di al-Jazeera non lo sanno e forse non lo sapranno mai” ?
Il servizio di Nuredin Buzian, sui rifiuti a Napoli, al-Jazeera lo manda in onda il 23 aprile 2008; le amministrative del 2011, a Napoli, si sono giocate anche e soprattutto sul terreno dell’immondizia… Sono perplessa!
Simona Tarzia

Andrea Morigi - Hamza Boccolini

Media e Oriente
Milano, Mursia, 2011, 136 p.

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05 giugno 2011

In libreria

Vittorio Coletti
Romanzo mondo. La letteratura nel villaggio globale
Bologna Il Mulino, 2011, 144 pp.
Descrizione
Nella sua lunga storia il romanzo ha avuto grande circolazione internazionale sempre portando in sé ben radicati i segni delle sue patrie linguistiche e culturali (Francia, Inghilterra, Russia, Germania, Italia). Ma che succede dei luoghi quando le differenze linguistiche e culturali si attenuano e ogni specificità nazionale si riduce? Se si allentano i rapporti tra lingua e patria, in che terra affonda le sue radici lo scrittore? Il libro segue la progressiva de-nazionalizzazione del romanzo, in un percorso che vede i tratti locali prima sconvolti poi sopraffatti da quelli planetari, fino all'epoca attuale in cui il mondo è insieme paese d'origine e di destinazione del più occidentale fra i generi letterari. Nella narrativa contemporanea emerge così una inedita inessenzialità dei luoghi, letterariamente divenuti interscambiabili.
Vittorio Coletti insegna Storia della lingua italiana nell'Università di Genova. Tra i suoi libri: "Da Monteverdi a Puccini" (2003) e "Storia dell'italiano letterario" (1993) pubblicati da Einaudi. E' inoltre autore del "Dizionario della lingua italiana" (con F. Sabatini, Sansoni, 2008).
*segnalato da C. S.
 
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04 giugno 2011

Aspiranti giornalisti, partite!

Intervista di Andrea Muzzarelli - giornalista e traduttore freelance che si è recentemente trasferito da Bologna a Londra - ad Angela Antetomaso.
"Gli studi londinesi del network americano CNBC si trovano al sesto piano di un modernissimo ed elegante edificio a pochi passi dalla cattedrale di St. Paul.
E’ qui che abbiamo incontrato Angela Antetomaso, giornalista romana che lavora nella capitale da ormai quindici anni. Laureata in Lingue e Letterature straniere all’Università La Sapienza di Roma, Angela inizia la sua carriera in Italia, ma ancora giovanissima riesce a coronare il sogno di volare a New York per lavorare con la CNN.
Passata nel 1996 a Bloomberg Television, poco tempo dopo viene inviata a Londra per lanciare il canale italiano di Bloomberg. Nel 2000 Enrico Mentana la sceglie come volto di Class CNBC, la rete televisiva tematica creata da Canale 5, Class Editori e CNBC, e le affida la conduzione dello spazio riservato all’economia all’interno del Tg5.
Dal 2003 Angela collabora per Class CNBC, CNBC Europe e CNBC Usa con interviste e programmi in lingua inglese.

Ciao Angela, grazie per averci regalato un po’ del tuo tempo. Nel 1995 hai lasciato l’Italia per New York: quanto ha contato quell’esperienza per la tua carriera?
E’ contata tantissimo. In Italia collaboravo già con alcuni giornali, ma il mio sogno era sempre stato quello di lavorare alla CNN, così avevo mandato il curriculum. Quando mi hanno chiamata per un internship (non pagato) di tre mesi, mi sono trovata catapultata in un mondo incredibile! Mi hanno infatti assegnata all’ufficio all’ONU della CNN quando era in corso l’Assemblea Generale. Così sono passata dalle piccole collaborazioni che facevo in Italia a un lavoro che mi ha messa a contatto con molti dei più importanti capi di stato dell’epoca, da Bill Clinton a Fidel Castro. Scaduti i tre mesi mi hanno rinnovato l’internship, e in seguito mi hanno assunta. Al principio ho fatto ovviamente piccole cose, ma nel tempo mi hanno affidato compiti via via più impegnativi. Nel suo insieme, è stata un’esperienza gratificante (durata oltre un anno) che mi ha cambiato la vita. Mi ha “costruito” non solo come professionista, ma anche come persona.

A quei tempi avevi già una buona conoscenza dell’inglese?
Sì, lo parlavo già abbastanza bene. Avevo fatto diversi periodi di studio a Londra, cercando di frequentare soprattutto inglesi per non cedere alla tentazione di parlare la mia lingua!

Hai lasciato Roma anche perché pensavi che in Italia non avresti avuto le stesse opportunità che a New York?
Forse non ero del tutto consapevole del fatto che in Italia avrei incontrato maggiori difficoltà a fare carriera. Ho scelto quella strada soprattutto perché volevo lavorare all’estero, e in particolare alla CNN.
Pensi che nel mondo giornalistico americano e inglese ci sia più meritocrazia rispetto all’Italia?
Per la mia esperienza, sì. Nei paesi anglosassoni se sei bravo vai avanti, se non lo sei no. L’ho riscontrato sia alla CNN sia a Bloomberg che alla CNBC, a New York come a Londra. Naturalmente non è una strada spianata, c’è una forte competizione. Ma ti vengono lasciati degli spazi, e se hai delle capacità ti sono concesse le opportunità per dimostrarle. Il giorno in cui, nel novembre del ’95, fu assassinato il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, mi trovavo in studio. Era un sabato ed era Bank Holiday, per cui non c’era nessun giornalista che potesse essere chiamato per andare a fare un’intervista. Il mio capo disse: “Mandiamo Angela, può farla lei.” Inizialmente c’era molto scetticismo (anche da parte mia… ), ero spaventata e non sapevo se sarei stata all’altezza. Ma andò tutto per il meglio. Mi trovavo al posto giusto nel momento giusto, e fare bene quel lavoro mi permise di ottenere il rinnovo dell’internship. Quando poi si aprirono nuovi posizioni fui assunta, e mi fu procurato il visto necessario per rimanere negli USA.
E’ vero che la stampa anglosassone è più libera e svincolata dai gruppi di potere rispetto a quella italiana?
La mia impressione personale è che i media anglosassoni abbiano una certa propensione ad attaccare senza peli sulla lingua, e che in generale ci sia effettivamente meno soggezione nei confronti del potere.
Per lanciare il canale italiano di Bloomberg ti sei poi trasferita a Londra, dove vivi ormai da parecchi anni. Che rapporto hai con questa città?Adoro Londra. Me ne sono innamorata sin dalla prima volta che ci sono venuta per studiare. Ho subito pensato che, una volta laureata, avrei fatto tutto il possibile per trasferirmi qui e cercare lavoro nel mondo giornalistico (in particolare nella televisione). Le circostanze mi hanno inizialmente portata a New York. Ma quando dopo circa un anno sono passata a Bloomberg e mi è stato chiesto di venire a Londra per lanciare il canale televisivo in lingua italiana, il mio sogno si è realizzato.
Quindi preferisci Londra a New York?
A Londra mi sento a casa. New York è certamente una metropoli di grande fascino, ma la cultura è un po’ diversa dalla nostra. E sei anche molto più lontano dall’Italia.
Quali opportunità formative e lavorative pensi che Londra possa offrire in campo giornalistico?
Le stesse opportunità che sono state concesse a me quindici anni fa. Nel mondo anglosassone puoi partire da zero e ottenere eccellenti risultati. Conosco una persona che ha cominciato come lavapiatti e, dopo qualche anno, è riuscita ad aprire un ristorante e ad avere successo. Penso che la stessa cosa valga più o meno in tutti i campi, politica compresa. E’ un mondo molto più aperto ai giovani e alle possibilità.
Hai qualche scuola da suggerire in particolare?
Penso che la scuola migliore sia la pratica sul campo, facendo un internship in un grande giornale o in un grande canale televisivo e accettando di non essere pagati e di fare le cose più umili. Stare insieme a veri professionisti che ti dedicano anche solo pochi minuti per spiegarti i segreti del mestiere è un’opportunità straordinaria.
Ritorniamo all’Italia. Dall’ultimo rapporto Istat emerge il ritratto di un paese che fatica a riprendersi dalla crisi. Debito pubblico fuori controllo, stagflazione, crisi della classe politica…
Il nostro Paese è fantastico sotto molti punti di vista, ma ha bisogno di essere più aperto ai cambiamenti. Da italiana lo capisco, perché anche io sono così. Tuttavia, quando i cambiamenti arrivano e vedi che le cose migliorano, abbracciare l’opportunità è la cosa più bella e giusta da fare.

Secondo te l’Italia può tornare a essere un “paese per giovani”?
Spero che possa presto tornare a esserlo. In Italia abbiamo tantissime persone valide, che meriterebbero più opportunità. Bisogna certamente dare credito ai “senior” che valgono, ma è anche necessario lasciare spazio ai giovani che vogliono imparare. E occorre costruire la cultura del “voler imparare”, perché ci sono purtroppo tante persone che si adagiano sul “tanto non troverò mai lavoro” e lo usano come un alibi per non misurarsi con le difficoltà. Decidere di trasferirmi a New York per me è stato tutt’altro che facile: ho lasciato il lavoro, la famiglia, gli amici, la mia terra. Ed ero molto spaventata dal fatto che mi sarei trovata in un mondo che non conoscevo, con una lingua diversa dalla mia… Alla fine, però, sono esperienze che ti consentono di farti le ossa, e che – se hai voglia di lavorare – ti possono veramente dare tanto. Capisci, impari e vedi tantissime cose che difficilmente potresti conoscere rimanendo nel tuo “piccolo mondo”.
In conclusione, cosa consiglieresti a un giornalista che stia pensando di lavorare all’estero?
Di partire! E di fare un periodo di prova, più o meno lungo. Alla fine, si può sempre tornare in Italia per reinserirsi nel mondo del lavoro con una marcia in più.
Grazie mille Angela, e buon proseguimento! "


* L'intervista è stata pubblicata nel sito italiansinfuga, dedicato ai giovani che lasciano l'Italia per cercare concrete opportunità di lavoro.
*Segnalazione di Anna Maria Giuliani

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03 giugno 2011

In libreria

Giovanna Ferrero
Ci scusiamo per l'interruzione . Tv e libertà di informazione
Milano, Melampo, 2011, 240 pp. (Prefazione di Marco Travaglio)
Descrizione
Le leggi ad personam in favore di Silvio Berlusconi precedono di molti anni la celebre "discesa in campo" del '94. La costruzione e la difesa del monopolio televisivo privato si sono infatti affermate attraverso una sequenza infinita di voti parlamentari sotto ricatto, crisi di governo, sentenze sempre più intimidite della Corte costituzionale. Trent'anni di provvedimenti su misura di cui si è persa spesso la memoria e che Giovanna Ferrero racconta con implacabile ricchezza di documentazione. In questa storia di indecenza istituzionale e civile la vicenda di Europa 7. Il caso di una televisione a cui, sin dal '99, vengono riconosciuti, più volte e in tutte le sedi giuridiche competenti, i diritti a ottenere le frequenze di Rete 4 ma che se li vede negare da un potere politico succube del monopolio privato, impegnato nell'occupazione abusiva di quelle frequenze. Il Paese in cui il diritto muore di fronte alle pretese del più forte non potrebbe essere descritto meglio che da questa vicenda enorme e paradigmatica a cui la stampa e la politica hanno dedicato così poca e stanca attenzione.
Giovanna Ferrero è nata a Genova nel 1986. Si è laureata in Scienze politiche presso l'Università degli studi di Genova con una tesi sul caso di Europa 7. Ha la passione per il giornalismo di inchiesta e la cronaca giudiziaria. La sua seconda passione è il cinema.
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01 giugno 2011

In libreria

Stella Pende
Confessione Reporter. Quello che non ho mai scritto
Firenze, Ponte alle grazie, 2011, 304 p.

Descrizione
Venti reportage (guerre, carceri e terremoti, Balcani e Medioriente), ma anche incontri fatali. Da Gheddafi a García Márquez, splendente e indimenticabile premio Nobel della letteratura, fino all’eroica maestra dei bambini intrappolati nel fuoco della scuola di Beslan. Ma attenzione: in Confessione Reporter si legge soprattutto quello che un inviato non ha mai potuto scrivere. Cioè il dietro le quinte di ogni acrobatica avventura giornalistica: gli appuntamenti e le miserie per portare a casa l’osso, le attese e le buche, i direttori, i colleghi amici e le carogne, ma anche la commozione, gli incontri e i riti della redazione. Tutto ciò che rappresenta il succo e la carne del giornalismo.Questo mestiere così chiacchierato, spesso mitizzato, ma troppo poco capito nelle emozioni che accende. E poi la terra così spettacolare, ma ancora inesplorata, del giornalismo al femminile. Dove una coraggiosa confessione dell’autrice racconta quanto una giornalista non può mai dimenticare di essere donna, ma soprattutto madre. Con la pena e il rimorso che troppe volte il mestiere le regala. Insomma una meravigliosa corsa all’indietro che, alla fine, racconta le mille vite di una reporter.  



Lunedì 6 giugno 2011 ore 16.30 Stella Pende sarà a Genova per presentare presso l'Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia - Via Balbi 2. Intervengono con il Preside della Facoltà Francesco Surdich, Franco Contorbia, Mirella Pasini, Maria Federica Petraccia e Franco Sborgi.
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