Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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13 febbraio 2012

Propaganda in democrazia: nuova frontiera del marketing?

Il fenomeno poliedrico della propaganda, da sempre oggetto di studio delle più varie discipline, può essere analizzato da diverse prospettive, da quella storica politica a quella antropologica. L’obiettivo di questo volume è quello di analizzare il fenomeno da un punto di vista sociologico e comunicativo, soprattutto in relazione alla formazione dell’opinione pubblica. In Comunicazione e Propaganda Massimo Ragnedda si preoccupa di fissare, per quanto possibile, il fenomeno non tanto nelle sue definizioni, quanto nelle sue funzioni e caratteristiche, in riferimento al target e ai differenti obiettivi che si vogliono perseguire.
L’autore dunque comincia la sua analisi individuando le diverse tecniche di produzione e di trasmissione della propaganda: dalla censura all’uso di slogan e frasi allusive, dal ruolo dei mass media e dell’arte alle svariate strategie di semplificazione. A queste tecniche, valide sempre, se ne aggiungono altre, più specifiche, in tempo di guerra: l’indispensabile identificazione di un “buon” nemico che deve rispettare determinate caratteristiche, l’enfatizzazione della paura, l’individuazione di un capro espiatorio e via dicendo. Nel complesso il libro di Ragnedda riesce a classificare in modo chiaro i metodi usati dai propagandisti e i diversi obiettivi che possono essere perseguiti. Talvolta però questi processi vengono catalogati e separati in modo eccessivamente netto e scientifico, lasciando nel lettore l’idea che i diversi tipi di propaganda siano più formule matematiche, etichette da applicare di volta in volta, che fenomeni inevitabilmente più sfumati, dai contorni foschi e ambigui. D’altra parte è lo stesso autore, denunciando la sua opinabile e personale catalogazione dei vari tipi di propaganda, a lasciare spazio a nuove e diverse nomenclature ed interpretazioni del fenomeno. Quella di Ragnedda infatti non vuole essere un’analisi definitiva e completa, quanto invece una chiave di lettura tra le tante disponibili.
La scelta interessante del volume è quella di presentarci con maggiore attenzione la propaganda dell’oggi nelle società moderne, lasciando in secondo piano la propaganda delle grandi dittature del passato. Diversamente da ciò che si è comunemente portati a pensare, infatti, le democratiche e libere società contemporanee sono continuamente sottoposte ad operazioni di propaganda politica, culturale, pubblicitaria, in modo paradossalmente più capillare rispetto a quanto succede in dittatura. La dittatura non è mai riuscita a imbrigliare il pensiero, interessata piuttosto all’omologazione della sua manifestazione. In democrazia invece la propaganda cerca di agire alla base, cioè di influenzare il pensiero. Ecco il paradosso a cui ci conduce l’autore: esiste una maggiore libertà di pensiero critico in dittatura che non in democrazia. In democrazia ogni gruppo di potere tende a far uso di tecniche di propaganda, spesso inconsapevolmente, al fine di estendere la proprio influenza o semplicemente legittimare la propria posizione. Se il discorso vale in tempo di pace, è evidente quanto sia ancora più determinante in tempo di guerra, dal momento che, nelle società democratiche, ogni tipo di iniziativa bellica deve necessariamente trovare l’appoggio dell’opinione pubblica. La propaganda nelle libere democrazie è dunque onnipresente, ma spesso invisibile e dunque inevitabilmente più insidiosa. Questo è uno dei punti focali analizzati da Ragnedda dopo una breve introduzione storica: con occhio critico il lettore è portato a discernere i contemporanei metodi di propaganda in tempo di pace ed in tempo di guerra, con riferimenti alle guerre degli ultimi decenni: dalla Guerra del Golfo ai conflitti balcanici, fino ad arrivare ultime avventure belliche degli Stati Uniti in Afganistan ed in Iraq. Quali strategie sono state messe in atto dalla Casa Bianca nelle diverse occasioni? Quali sono state le reazioni della Comunità Internazionale? Quale il ruolo della propaganda commerciale, che per sua natura reclamizza i valori della società da cui è prodotta? Quale il peso dei mass media, dei giornalisti, talvolta inconsapevolmente schierati a servizio di un determinato orientamento? Ma soprattutto, quale compito svolgono le agenzie di Public Relations? Ecco un altro punto essenziale del volume: la “privatizzazione della propaganda”, ossia il sempre maggior peso avuto in questo senso dalle agenzie di Public Relations, vere agenzie di influenza sociale. Ai nostri giorni infatti non necessariamente chi promuove, organizza e coordina una campagna di propaganda deve anche “condividerne la causa”. I professionisti della comunicazione offrono i proprio servizi a chiunque sia in grado di pagare a prescindere dal messaggio che si vuole veicolare. In modo disincantato scopriamo che oggi la propaganda non è più legata ad un’ideologia, a specifici ideali: scalzato il problema etico, rimane il puro prodotto commerciale.
Veronica Marzolla

Massimo Ragnedda
Comunicazione e propaganda.
Il ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica
Roma, Aracne, 2011, 224 pp.

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