Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

_________________

Scorrendo questa pagina o cliccando un qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie presenti nel sito.



26 giugno 2016

Migranti in cronaca

I migranti, i profughi. Lo straniero, il “diverso”. L’”altro”.
E’ così che i media etichettano le persone che fuggono da guerre, carestie, fame, persecuzioni per cercare una vita migliore o la semplice sopravvivenza. Proprio la rappresentazione dell’”altro” da parte dei media e in particolare della stampa italiana è l’oggetto di studio di questo testo di sconcertante attualità. L’autrice esamina il caso della rivolta di Rosarno visto attraverso gli occhi e la voce dei principali quotidiani e settimanali italiani. L’analisi di un fatto che risale al 2010 ma che può tranquillamente essere considerato un esempio per il presente. Nulla, infatti, sembra essere cambiato nell’informazione pubblica. Incagliata nella polvere della fretta e della cronaca, la tragedia di popolazioni devastate dalle guerre e dalla fame, viene presentata all’opinione pubblica quasi sempre con la stessa sceneggiatura. I migranti visti come violenti, pericolosi, portatori di malattie, rivoltosi, invasori. Si accentua il paradosso dell’informazione dove l’”altro” risulta vittima e carnefice contemporaneamente. Persone che come povere pietre senza parola e diritti sono, ogni giorno, ben visibili sui media eppure, per lo Stato, ancora invisibili o al più fantasmi. E loro, i migranti, gli “altri”, stanchi di rotolare tra la pietà della gente, se reagiscono, se parlano, se urlano, diventano immediatamente “rivoltosi”, pericolosi per la cittadinanza e il Paese. E’ accaduto a Rosarno nel 2010. Accade in tutta Europa, ancora oggi. Esistono “imprenditori della paura” che, senza scrupoli, per vendere di più, non esitano ad usare il dolore degli altri come strumento per catturare lettori e consensi politici. La retorica dell’accoglienza possiede ricordi di luce nei dintorni del suo esatto contrario: l’espulsione. La Erta, con meticolosa perizia, analizza proprio questa contrapposizione presentata dalla stampa e la sua grande responsabilità nella narrazione dei fatti tra questi mondi opposti. Un mondo che tende la mano, l’altro che la tira indietro. L’umanità e la disumanità a confronto. In mezzo l’opinione pubblica che troppo spesso non ha gli strumenti necessari per fare i dovuti confronti, per comprendere gli stereotipi e i pregiudizi costruiti ad arte nel tentativo, ormai consolidato, di perpetuare un’industria fiorente come quella creata intorno alle migrazioni. In tale contesto, la responsabilità dell’informazione appare enorme. Da parte di alcune testate non è accettabile il continuo depositare l’attenzione altrove, attendere ogni avvenimento come una conferma della sceneggiatura preesistente. Quasi come se l’immigrazione fosse una malattia. Da curare. Così com’è doveroso segnalare quei giornali che, con coraggio e professionalità, non accettano passivamente l’imposizione editoriale ma, nei limiti del possibile, presentano più sfaccettature dello stesso fatto, agevolando il lettore nella ricerca di un’opinione non infarcita dall’alto. Dell’”altro” e della sua percezione in Europa, rimangono le mani pietose le cui preghiere di aiuto scivolano fugaci e veloci tra le urla desolate della speranza. Il mondo non ascolta e non si meraviglia. Finge di essere buono e caritatevole come l’albero che offre ombra, tra le macerie aride di città volute distrutte dalle guerre, a chi, in perenne agonia, si rifiuta di sparire.  Nel testo si passano in rassegna i principali quotidiani italiani, facendone una radiografia accurata e ricca di esempi e immagini. Dalle foto-documento, dai reportage, dai titoli passionali di “la Repubblica”, dove il lessema guerra-battaglia-rivolta lascia il passo alle emozioni che approfondiscono la drammatizzazione della “caccia” al nero. Dove il lettore spesso è guidato attraverso percorsi fuori dall’allarme e dalla paura, accompagnato dall’infografica prepotente e da una valanga di dati che anestetizzano e uniformano il problema. Seppure i migranti diventano figure anonime, atopos, ibridi privi di posto, senza nome e nazionalità, immersi in scenari di degrado sociale, la loro descrizione non viene mai strumentalizzata per aizzare paure e fobie. Altrettanto si potrebbe affermare, anche se con precise differenze, del “Corriere della Sera” e de “La Stampa” che si rivolgono alla sensibilità del lettore, utilizzando il pathos per testimoniare, indagare, denunciare. A volte spalleggiando le decisioni di governance, a volte spingendo il pubblico verso una critica dell’Esecutivo. Di opposti propositi è l’interpretazione della notizia data da quotidiani come “La Padania”, “il Giornale”, il settimanale “Panorama” che descrivono l’emergenza nazionale come fatto compiuto dal quale ci si può solo difendere. Il “clandestino” rappresenta il conflitto etnico-culturale semplificato nella costruzione del “nemico”, prima da combattere e poi da espellere. Davvero l’informazione, quella vera, potrebbe cambiare tutto. La vita, le attese e le speranze di milioni di esseri umani. Ingoiando la notizia preconfezionata per agitare ventagli di palme e d’ulivi, sfogliando critiche sottili ai governi che ricercano il consenso. Sollecitando opinioni in grado di dare risposte ai lettori che cercano di distinguere la vita tra il soffio soffocante della guerra. Rifiutandosi di fare dell’immigrazione il topic adatto all’agenda setting delle prime pagine dei quotidiani, ricordando che i migranti non sono un insieme amorfo e indistinto ma parte della nostra stessa umanità, dove ognuno ha un volto, una storia e un nome. Questa è l’idea che, tra le righe, l’autrice intende evocare. Una stampa che non si squaglia dove è più difficile il compito di informare. Un giornalismo che non si disfa di fronte alle pretese di chi comanda. Un’informazione ancora più pluralista e corretta, nel rispetto di un’etica professionale e di una morale umana che precedono l’attimo in cui il giornalista assieme all’uomo si fondono oppure si perdono e, sviliti, deragliano.
Anna Scavuzzo


Angelica Erta
Migranti in cronaca.
La stampa italiana e la rappresentazione dell’”altro”: la rivolta di Rosarno
Ombre corte, Verona 2014

Nessun commento:

Archivio blog

Copyright

Questo blog non può considerarsi un prodotto editoriale, ai sensi della legge n. 62/2001. Chi desidera riprodurre i testi qui pubblicati dovrà ricordarsi di segnalare la fonte con un link, nel pieno rispetto delle norme sul copyright.