Università degli studi di Genova



Blog a cura di Marina Milan, con la partecipazione di studenti, laureandi e laureati dei corsi di Storia del giornalismo e Giornalismo internazionale dell'Università degli studi di Genova (corso di laurea magistrale interdipartimentale in Informazione ed Editoria).

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17 dicembre 2017

Tra disinformazione e manipolazione

È da qualche anno ormai che mi sono appassionata alla lettura delle distopie riguardanti il futuro. Il filo rosso che collega tutte quelle che finora mi sono capitate fra le mani è la distorsione della realtà, finalizzata al controllo coercitivo della popolazione. Autori come Orwell, Huxley e Zamjatin sono figli della prima metà del ‘900, hanno vissuto le guerre e le rivoluzioni sulla propria pelle, hanno visto nascere le dittature più crudeli con i propri occhi. Hanno saputo prevedere alcune delle tecniche di manipolazione in uso oggi e che questo volume analizza dettagliatamente.
Leggendo il libro Disinformazione e manipolazione delle percezioni mi è capitato pensare alla parabola della rana che viene buttata in una pentola piena d’acqua fredda e messa sul fuoco lento. La temperatura sale piano piano e la rana è inconsapevole che l’acqua si sta scaldando e non fa nulla per salvarsi la vita. La società mi ricorda molto la rana, perché è composta da molti individui che si muovono inconsapevoli in un ambiente gradualmente sempre più ostile. Impotenti e senza speranza, molti si impigriscono sempre di più, subendo gli avvenimenti e vivendo le notizie in modo emotivamente primitivo. Il saggio Disinformazione e manipolazione delle percezioni spiega dettagliatamente e in modo molto semplice i problemi che devono essere affrontati sia da parte del fruitore delle notizie, che degli addetti ai lavori per quanto riguarda l’informazione in questa nostra società tecnologica. Il libro nasce dal convegno omonimo del 2015 cui partecipanti sono professionisti di diversi settori e che hanno in comune la lotta alla disinformazione.
Leggendo questa raccolta ho imparato a fare un utile distinguo fra la parola deception (inganno), disinformazione e mala informazione. La prima è usata prevalentemente nella letteratura anglosassone in riferimento al fenomeno della disinformazione nell’ambito militare, diplomatico e dell’intelligence, ed è utile per esempio a indurre un avversario a credere a una sorta di cover story, al fine di ottenere una reazione utile ai propri interessi. La disinformazione invece è un’azione ostile, che persegue un vantaggio in modo subdolo, diffondendo informazioni false sapientemente distorte e proprio per questo motivo richiede uno sforzo nella pianificazione. Una volta chiarito lo scopo finale, i deception planners devono mettere a punto una strategia che comprende per esempio la pianificazione dei contenuti e l’individuazione dei canali. La mala informazione non è intenzionale invece, si tratta di informazioni errate presentate come vere a causa di superficialità o ignoranza di chi le diffonde.
L’intervento meno utile e meno interessante è quello del rappresentante del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (DIS). Rispetto a tutti gli altri professionisti l’ho trovato povero di contenuti significativi rispetto al tema così importante, ma pieno invece di inutili anglismi come outreach oppure the last but not the least. Come se la lingua italiana non fosse così ricca di vocaboli che permettono di esprimere degnamente un concetto! Il signor Rappresentante, lo scrivo con la maiuscola dal momento che non ci è dato
saperne il nome, è stato molto corretto politicamente e non si è sbilanciato di una virgola, rendendo onore alla categoria di coloro che parlano molto senza dire niente.
Il presidente dell’Istituto francese delle Analisi Strategiche, François Géré, è stato molto illuminante, sostenendo che la disinformazione trova il terreno fertile in ambienti psicologici dove sono diffusi il sospetto, l’ansia, la credulità e la superstizione. Guardo l’ambiente in cui viviamo e noto che tutte le caratteristiche da lui citate sono dominanti. Noi tutti siamo quel terreno fertile, facili prede degli interessi di potere di qualcuno che probabilmente cerca di realizzare il proprio piano mentre siamo occupati con qualcosa di futile.
Quando ho la fortuna di trovare del materiale interessante, collego tutte le informazioni che mi hanno colpito con la realtà che osservo. Leggendo questo capitolo mi è venuto in mente il corso di Linguistica e pragmatica della comunicazione, che ho frequentato durante il primo anno della laurea magistrale in Informazione e Editoria. Durante le lezioni si parlava spesso delle manovre politiche dannose per il cittadino (come i tagli alla sanità o all’istruzione), che contribuiscono senz’altro ad allontanare il cittadino dalle istituzioni, istupidirlo e creare così un ambiente proficuo dove poter diffondere la superstizione e la paura a proprio vantaggio. Sarebbe sicuramente difficile far passare certe manovre politiche o monetarie sgradevoli, senza addolcire in qualche modo la pillola per i cittadini vestendo per esempio le manovre con gli abiti di innovazione. Difatti solo leggendo e informandosi molto si costruisce una mente critica reazionaria. Il signor Géré cita un suo amico che lavora in radio, che gli confida di non fare più informazione, bensì comunicazione, perché non ha più la capacità di creare un’informazione vera, assicurandosi così che quello che presenta al pubblico sia una “vera realtà”. È stato uno dei pochi che ha proposto 3 possibili prospettive per fare controdisinformazione. La prima è ristabilire la verità, ma spesso è troppo tardi. La seconda riguarda il tentativo di fare la contro-disinformazione, ovvero una reazione simmetrica all’azione di manipolazione. Per farlo però bisogna accertarsi che la campagna di disinformazione sia stata effettivamente commessa. La terza prospettiva riguarda la creazione di deterrenza, che consiste nella previsione e prevenzione. Per mettere in pratica questa strategia bisognerebbe conoscere molto bene le capacità di disinformazione dell’avversario.
Probabilmente tutte e tre le prospettive sono indirizzate agli addetti ai lavori, ma da cittadina normale quale io sono, posso dire che essere informata, cercare le fonti di informazione attendibili e leggere, leggere e ancora leggere sia già un grandissimo passo. Incoraggiare gli altri a fare altrettanto è un passo enorme.
Nel proprio intervento Giovanni Brauzzi, rappresentante del Ministero degli affari Esteri, cita il libro di Moses Naim La fine del potere, che chiarisce molto bene il suo pensiero. Brauzzi focalizza il suo intervento sulla logica della disinformazione e sul fatto che quest’ultima è collegata all’uso e al mantenimento del potere. È lodevole che egli abbia specificato che i mezzi più avanzati di lotta contro la disinformazione siano un vantaggio solo apparente, giacché ci costringerebbero a rinunciare a qualcosa di molto più importante. Non dovremmo rinunciare allo stato di diritto per sentirci più protetti dalle misure di sicurezza più invasive. Inoltre è uno dei pochi partecipanti che cita della letteratura e alcuni film a sostegno della propria tesi.
L’intervento di Cristiano Turriziani, ricercatore in filosofia teoretica, è stato quel tassello fondamentale nella comprensione di come, dal punto di vista più pratico, le masse vengono persuase e manipolate. In parte ne è responsabile anche il nostro cervello e la sua attività elettrica. I ritmi dell’apprendimento e della formazione delle convinzioni sono sempre ritmi lenti. Un veloce esempio di condizionamento al quale potremmo in qualche
misura essere stati sottoposti, è quello di condurre una vita veloce all’insegna della produttività, proprio per non avere tempo per sublimare, approfondire e fissare le nostre idee e il nostro bene.
Il fatto che questo volume non sia un’opera distonica di qualche autore del novecento mi turba molto. È tutto vero, sta accadendo proprio adesso. A mio avviso la rivoluzione che cambierà le carte in tavola è quella individuale. È la rivoluzione del risveglio di ogni essere umano, lenta ma inesorabile. Si realizzerà come una catena, attraverso il dialogo e la lotta. Sarà una rivoluzione armata di libri e articoli, di arte e musica, al posto di pietre e bastoni, molotov e pistole.
Ho notato che tutti i relatori citati nel libro sono uomini. Confesso che questo fatto mi ha stupita molto. Sarebbe stato così avanguardistico inserire l’intervento di una professionista donna? Il mio grande desiderio è che nei prossimi convegni gli organizzatori siano più attenti a questo “dettaglio”, e spero che ci siano sempre più donne forti e risolute che lottano per la propria affermazione. Io vorrei considerarmi una di loro.
Vladyslava Balasyukova

Disinformazione e manipolazione delle percezioni
Una nuova minaccia al sistema-paese
a cura di Luigi Sergio Germani
Eurilink, Roma, 2017, pp.154.


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